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TENDER INFORMA

Mancata firma

2024-10-03 09:14

Filippo Delvecchio

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Mancata firma

La mancata firma per accettazione del dipendente della nomina a soggetto autorizzato comporta la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.

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LA MANCATA FIRMA PER ACCETTAZIONE DEL DIPENDENTE DELLA NOMINA A SOGGETTO AUTORIZZATO COMPORTA LA SOSPENSIONE DAL LAVORO E DALLA RETRIBUZIONE


 

Se non firma per accettazione la nomina a soggetto autorizzato (o incaricato o designato), il dipendente non può lavorare e va sospeso dal servizio e dalla paga. Così ha deciso il tribunale di Udine, sezione lavoro, con l'ordinanza nella causa n. 504/2024 del 2/8/2024, prima decisione sulla questione del rapporto tra nomina privacy e rapporto di lavoro.

Nello specifico, una dipendente di una società (caposquadra portalettere) è stata sospesa dal servizio e dalla retribuzione per non avere firmato e accettato la lettera con la quale l'impresa, attuando il Gdpr l'ha designata autorizzata al trattamento dei dati personali.

La dipendente ha anche negato espressamente il consenso a trattare, per ragioni di servizio, dati sensibili altrui e ha chiesto di essere adibita ad altre mansioni.

 

La lavoratrice ha intentato una causa chiedendo, in via di urgenza, la sospensione delle sanzioni ricevute. Il tribunale ha respinto le sue richieste. 

Al contrario, sono legittime le sospensioni dal servizio e della retribuzione in quanto la mancata firma non le consente lo svolgimento della prestazione lavorativa, che implica necessariamente il trattamento di dati altrui. La nomina ad autorizzato al trattamento dei dati implica una accettazione da parte del destinatario, senza la quale la stessa nomina non può produrre effetti.

Se un dipendente non la accetta il datore di lavoro deve necessariamente essere costretto a sospendere il lavoratore: se tiene in servizio un lavoratore che non firma l'atto di designazione privacy, il datore di lavoro, viola il Gdpr e rischia di incorrere egli stesso in responsabilità da trattamenti illegittimi e nelle sanzioni pecuniarie del Garante privacy.

Il giudice ha sottolineato il fatto che la lavoratrice ha espressamente dichiarato, per iscritto, di non essere disponibile a trattare dati sensibili altrui: da ciò si desume che la lavoratrice, consapevolmente, non ha accettato di svolgere l'incarico e si è posta nella condizione di non poter svolgere alcun'altra mansione all'interno dell'azienda.

Questa pronuncia chiarisce molte diatribe venute fuori nel corso di questi ultimi anni, ponendo a base il fatto che la nomina data in ambito privacy non è altro che una specificazione, in questo ambito, degli effetti che la sottoscrizione del contratto di lavoro a suo tempo sottoscritto comporta. 

 

Il rifiuto di sottoscrivere la nomina a soggetto autorizzato presuppone l’impossibilità di operare secondo le mansioni assegnate; pertanto, corrisponde al rifiuto di lavorare.

Né è lecito, da parte del lavoratore, nemmeno chiedere una retribuzione aggiuntiva per l’accettazione della nomina, proprio per la natura stessa dell’atto, che non aggiunge nulla ai compiti e alle mansioni già contrattualizzate tra le parti, precisando solo gli obblighi e le limitazioni di trattamento dei dati personali con cui si viene in contatto, nell’ambito delle attività lavorative svolte, sulla base di quanto previsto dalla normativa di settore.


 

 

FD